giovedì 28 settembre 2017

La Biennale ad occhio e croce



biennale arte 2017, venezia
Ritornando ieri in treno, dopo 48 ore a Venezia, il mio cervello ha iniziato ad elaborare questo spazio intenso d'arte e risate.


Una miriade d'immagini e suoni e colori e voci che hanno reso la mia prima Biennale d'Arte unica e divertente.

Lo so lo so, come si fa ad avere 40 anni e non essere mai andati a Venezia alla Biennale?
Bhè, per me la risposta è semplice: non sono un'appassionata d'arte nel senso di uso comune di questo termine; e poi si sa che molto spesso gli eventi a noi più prossimi, sono quelli che non vediamo quasi mai o che ci attraggono di meno.

Tornando alla Biennale, vi parlo con gli occhi di una in-esperta d'arte; dunque quello che scrivo è più che altro frutto del mio sentire e delle emozioni che tutto ciò che ho visto mi ha lasciato addosso o non mi ha minimamente toccato.

La prima tappa è stata la visita ai Giardini. Bello l'ambient e spettacolari gli alberi che con le loro foglie autunnali rendevano il tutto molto leggero, vivace e colorato. 30 padiglioni, visitati tutti insieme alla mia inseparabile compagna di viaggio Nadia.
Le informazioni che Nadia aveva letto su internet da chi alla Biennale c'era già stato, non erano delle più esaltanti. Molti i commenti negativi da parte di chi di arte se ne intende più di me.
Nella mia testa ho pensato che viste le premesse, ho beccato la peggiore edizione. Ho scelto però di non lasciarmi influenzare da questi commenti social e di vivermi le sensazioni che le varie opere mi  avrebbero suscitato.

L'inizio non è stato certo dei migliori visto che i primi padiglioni visitati sono stati deludenti. In sintesi ai Giardini i padiglioni che consiglio caldamente sono : Giappone, Corea, Russia, Repubblica Slovacca, Gran Bretagana, Austria ed Australia. Infine consiglio il padiglione Viva Arte Viva ma solo per un cortometraggio con protagonista un animale incrociato con un coniglio, un cane ed un topo che porta lo spettatore a tuffarsi nell'arte ed in un mondo tutto colorato e fantastico.

Il Giappone per l'incredibile creatività e l'attenzione ai minimi dettagli.

La Corea per la follia dell'ingresso in contrasto visivo con ciò che si scopre al suo interno.

La Russia per il contrasto bianco nero che evoca in modo forte e deciso la storia di questo paese.

La Repubblica Slovacca per l'effetto relax che mi ha regalato.

La Gran Bretagna per le forme imponenti e colorate.

L'Austria perchè è il solo padiglione interattivo di tutta la Biennale (inteso nel senso di poter fisicamente toccare ed interagire con le opere stesse, cosa che invece in tutti gli altri padiglioni era proibita con tanto di cartelli “Non toccare Grazie”).

L'Australia per la bellezza delle fotografie.

padiglione giappone


padiglione corea

padiglione corea (interno)

padiglione russia
padiglione repubblica slovacca
nadia che imita le opere del padiglione gran bretagna


padiglione austria

padiglione australia
                                                     
padiglione argentina


Il giorno successivo siamo in visita all'Arsenale.

Un consiglio: vi sconsiglio di recarvi all'Arsenale alle 10 di mattino, orario d'apertura al pubblico, perchè c'è troppa folla ed il rischio è di non apprezzare le prime opere in cui ci s'imbatte causa ressa.
Dopo questa necessaria premessa iniziamo il tour all'Arsenale.

L'inizio di questo viaggio si snoda tra vari padiglioni: dello Spazio Comune, della Terra, delle Tradizioni, degli Sciamani, Dionisiaco, dei Colori e del Tempo e dell'Infinito (1/2).
Moltissime le opere da vedere o da ascoltare, ma anche qui poco mi è arrivato a livello di emozione.
Certo il padiglione degli Sciamani non lascia indifferenti, come quello Dionisiaco o quello dei Colori. Ma  su questi non approfondisco oltre proprio perchè sono molto soggettivi e personali e non sono riuscita a goderli al top.

padiglione degli sciamani

Proseguendo ho apprezzato le opere dell'Argentina, della Georgia e della Nuova Zelanda.
Il padiglione Italia mi ha messo addosso un'inquietudine pazzesca e a dirla tutta mi ha fatto rabbrividire.

Tra gli altri padiglioni che meritano uno sguardo particolare di sicuro le opere della Cina sia nel padiglione attiguo all'Italia sia nella zona Nord dell'Arsenale dov'è possibile vedere un video gigante effetto 3D sulla Città Proibita oppure ammirare l'opera “United Nations-Man & Space” di Gu Wenda in cui si vedono delle bandiere fatte  con i capelli che 4 milioni di persone da tutto il mondo hanno donato per quest'opera. Uno spettacolo!

opera del 1993 di gu wenda, padiglione cina

arte nell'arte, padiglione cina
Sempre all'Arsenale Nord si può entrare nel padiglione del Libano dove sostare per circa 11 minuti ed assistere al rituale di purificazione. In sostanza gli artisti riportano l'attenzione ai drammi del nostro tempo fatto di guerra, oscurità  mettendo l'accento sul dilemma che da sempre assilla l'umanità : tenebre o luce. Lo scenario che si mostra ed i suoni che si odono sono da pelle d'oca!

Ecco in sintesi la mia esperienza di questa Biennale.

Credo che come ogni cosa, anche l'arte sia bella perchè soggettiva. Certo è che non ho letto il significato di tutte le opere viste perchè sarebbero state troppe le informazioni da immagazzinare tanto da intasarmi i neuroni. Ma va bene così.
Ho apprezzato qualcosa che non conoscevo, più per pigrizia che altro.
Ho compreso come in realtà tutto è arte, anche le nostre quotidianità che ci sembrano piatte e banali, è arte se ad ogni cosa vogliamo dare un significato che ci aiuta ad esprimere noi stessi ed il nostro potenziale. È arte l'era digitale in cui viviamo che ci permette di creare cose che un tempo non potevamo immaginare. È arte la storia ed il passato. È arte il nostro presente.

In fondo siamo tutti un po' artisti, chi in modo consapevole chi no, chi per scelta chi per caso, chi per vocazione chi per divertimento.

arte viva arte lungo il canal grande


Concludo con una frase scritta in uno dei padiglioni visitati:
“Cos'è il bello se non l'impossibile?
Cos'è un artista se non un triplo pensatore?”.


io che cerco di entrare nell'opera d'arte



Rendiamo le nostre vite arte, il mondo sarà allora un posto migliore!








sabato 23 settembre 2017

Avere QUASI 40 anni e…sentirli!


Io e mio fratello Gianni, 36 anni fa (Valrovina)
Manca poco, ci siamo quasi e, sopra una magnifica torta troverò 40 candeline (spero non di colore rosa) che mi ricorderanno che è tempo, i 40 sono qui che bussano con leggero fastidio nelle mia testa per ricordarmi che sarebbe ora di decidere cosa vorrei fare  “da grande”.

Da grande?!

Mmm, credo questa sia una tra le peggiori espressioni o, modi di dire, che potevamo inventare. Un’espressione che, se ci pensiamo bene, condiziona l’esistenza di tutti noi fin da piccoli.
Quante volte i nostri genitori o gli adulti in generale ci dicevano “hai già pensato cosa vorresti fare da grande?” oppure “quando sarai grande tu farai…” ed ancora “vedrai quando sarai grande quante responsabilità dovrai gestire”.
E via dicendo.

Non vi sembra strano che già da piccoli ed innocenti frugoletti, gli adulti condizionino inconsapevolmente le nostre menti, facendoci così credere che noi saremo adulti doc solo nel momento stesso in cui troveremo il lavoro della nostra vita, meglio ancora se è quello che i nostri genitori desiderano per noi?!

Driin, driin…
Ecco che suona il primo campanello d’allarme.

Non voglio credere che io sarò riconosciuta solo in base al lavoro che sceglierò di fare “da grande”.

Spesso incontro conoscenti con cui il rapporto è ad un livello superficiale e di cortesia e le frasi di rito sono “ciao, come va?” o “ciao come stai? e il lavoro?”…
Mmm, qualcosa non quadra. Come va cosa? Il lavoro?

Manca il passaggio zero.

Vi siete mai chiesti perché in automatico si associa alla domanda “come stai? come va?” il concetto di “lavoro”?
Semplicemente per quelle frasi dette da genitori e parenti vari che il nostro cervello ha registrato come importanti quand’eravamo bambini e che tornano inevitabilmente a galla al primo “ciao, come va? E il lavoro?”.

Viviamo in una società che ci riconosce molto spesso per il lavoro che facciamo e non per la persona che siamo.

Cambiare prospettiva è possibile.
Fortuna che c’è il rovescio della medaglia ed è racchiuso in una frase che tengo sempre a mente: “Niente è così contagioso come l’esempio”.

L’esempio: meno parole e più azioni, meno condizionamenti e più esperienze.

Non sono e non saranno mai le parole a fare di noi “chi siamo”, ma solo le azioni, i gesti e le esperienze sono in grado di darci la direzione. Se poi siano quelle migliori per noi è tutto da scoprire.

Sono cresciuta a forza di sbagli e cadute, ma sono diventata “grande”, in fin dei conti ho quasi 40 anni e ne sento il peso. Un peso dato dalle esperienze vissute, dai lavori svolti, dalle scuole frequentate, dai consigli non ascoltati, dalle decisioni prese d’istinto, dalle persone incontrate. E tutto questo e molto altro mi fanno essere la persona che sono oggi a quasi 40 anni.

Quando mi viene chiesto che lavoro faccio, la mia risposta è sempre la stessa  “non so cosa farò da grande ma so chi sono oggi”.

Concludo queste riflessioni, a quasi 40 anni, con una bellissima frase di John Lennon:
"A scuola mi domandarono cosa volessi essere da grande. 
Io scrissi: Felice.
Mi dissero che non avevo capito il compito,
e io risposi che loro non avevano capito la vita".


mercoledì 20 settembre 2017

Tra il parlare e l'ascoltare c'è di mezzo il comunicare

Immagino tutti conoscano il detto “tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare”. Bene, oggi forse sarebbe più corretto riprendere questo famoso detto modificandolo in “tra il parlare e l'ascoltare c'è di mezzo il comunicare”.

Ieri mi sono recata ad un incontro di lavoro assieme a Nadia. Il motivo dell'incontro per noi era chiarissimo e pensavamo fosse lo stesso per la persona interessata.
L'esito è stato un monologo di due ore e trenta da parte di questa persona , con brevi tentativi di Nadia di poter tirare le fila ed andare al sodo ma con risultati scarsi se non deludenti (non per causa sua).

Al di là del fatto che questa persona ha praticamente raccontato tutta la sua vita nei minimi dettagli e senza nessuna emozione, mi sono trovata a riflettere su concetti quali: ascoltare, parlare e comunicare.

Schematizzando quest'incontro la percezione arrivata è la seguente: monologo, bisognoso, creatore di scarso interesse verso gli interlocutori.

Lungi da me criticare, condannare o lamentarmi verso questa persona. Prendo spunto da quest'episodio per fare alcune riflessioni.

Sappiamo che quando si entra in relazione con l'altro, si cerca sempre di essere presenti, ascoltare con tutto l'interesse possibile, parlare con moderazione e non a spron battuto e via dicendo. Questo solitamente è per lasciare nell'altro un'impressione di noi quanto più positiva e possibilmente duratura.

Dale Carnegie, famoso scrittore, conferenziere e maestro nella gestione delle relazioni interpersonali direbbe che ci sono 6 modi per lasciare negli altri un'impressione duratura.

1. Interessatevi agli interessi altrui.

Si sa che una buona base di partenza per conoscere davvero la persona che abbiamo di fronte è quella di sapersi interessare veramente a lei; questo vale da entrambe le parti ed è il primo passo per   far diventare l'incontro un dialogo e non un monologo.

2 .Sorridete.

Secondo un sondaggio americano il 99,7 per cento delle persone adulte crede che un sorriso sia un importante bene sociale.

Sappiamo che un sorriso può migliorare le nostre giornate, gli incontri, può creare un'atmosfera adatta in situazioni difficoltose. Il sorriso è un canale di comunicazione importantissimo perchè fa capire a chi abbiamo di fronte che siamo felici di essere lì e di conoscerci. È un'arma potentissima che spesso dimentichiamo d'usare o che sfoderiamo solo per tornaconto personale.  Dunque impariamo ad usare saggiamente il potere di un sorriso.

3. Il potere dei nomi.

Sembrerà banale, ma comunicare con i nostri interlocutori chiamandoli per nome è fondamentale. Il nome è una sorta di marchio di fabbrica. Il nome di una persona è la rivelazione del carattere, della personalità, del destino.

4. Ascoltate di più.

Carneige direbbe che la capacità di ascoltare ha il potere di cambiare i cuori e le menti. È il potere di dare alle persone ciò che più desiderano: essere ascoltate e capite.

5. Parliamo di ciò che interessa gli altri.

Tornando all'esempio che apre questo post, la persona in questione non ha minimamente preso in considerazione che si stava relazionando con due persone che volevano a loro volta parlare e capire. In questa situazione la persona ha deciso di cosa parlare senza capire o chiedere se veramente c'interessava  e senza comprendere che quello che ci raccontava esulava dal motivo principale dell'incontro.
Il nostro interlocutore ha dimenticato l'aspetto più importante: costruire ponti per un dialogo.
Quando volete interessare gli altri, allora dovete parlare di cose che interessano loro.

6. Lasciate negli altri qualcosa di positivo.

Lasciare un'impressione positiva dovrebbe essere uno degli obiettivi finali di ogni incontro, soprattutto in caso d'incontri di lavoro. Questo permette di creare connessione e collaborazione.
Questo è il primo passo per poter avere un dialogo che si prolunga e mantiene nel tempo.
Il grande coach motivazionale Antony Robbins dice che la vera chiave per acquisire nuovi amici e collaboratori è “di spostare le relazioni da un piano manipolativo a un piano significativo”.


L'incontro di ieri non mi ha lasciato una buona impressione e rivedremo di certo questa persona solo per concludere quello che abbiamo iniziato, ma allo stesso tempo questa situazione mi ha dato lo spunto per scrivere quest'articolo e per comprendere ancora una volta che la comunicazione è vera e profonda solo quando crea valore e significato per noi stessi e per i nostri interlocutori.

(in corsivo estratti del libro Come trattare gli altri/ e farseli amici nell'era digitale -autore Dale Carnegie- edizione Bompani)





lunedì 18 settembre 2017

Scrivere...regalo in anticipo!




Scrivere!

Ho sempre pensato fosse una cosa per pochi, invece, in quest'era digital-tecnologica è alla portata di tutti.
Perché allora non provarci?!
In fin dei conti è da molto tempo anche un mio desiderio.
La cosa più importante è che lo faccio per me stessa perché voglio farmi questo regalo per i miei primi (ed ultimi) 40 anni. Lo so, lo so mi sto prendendo con largo anticipo, ma per regalarmi una sorpresa mi devo prendere per tempo.
E poi si sa, corri di qui e corri di la', pensa anche agli altri e cerca di lavorare, bhe insomma... meglio prendersi per tempo che non si sa mai!

40 anni!

Un giro di boa importante e non è vero il detto " 40 anni e non sentirli", io li sento e come.
Molti dicono che a 40 anni si ha l'opportunità di re-inventarsi, come una sorta di reset di quello che c'è  stato prima per dare spazio ad una nuova me stessa.

Mah!

Non credo sia proprio così, per il semplice fatto che non basta il tasto canc per mettere nel cestino quello che si è stati fino ai 40 anni, le esperienze vissute, le batoste prese, i traguardi raggiunti e via dicendo.

Anzi direi proprio che invece: NonFaNaPiega compiere 40 anni e... sentirli!


Avrete capito ormai che questa è la mia espressione preferita che sta a significare come tutto nella vita è necessario: conoscere, scoprire, fare esperienza, incontrare, cadere e rialzarsi, ammettere i propri errori, gioire dei piccoli successi quotidiani, imparare la gratitudine e tutto quello che può capitare a qualsiasi persona... come compiere 40 anni e sentirli!


domenica 17 settembre 2017

Abbattere pareti per essere al sicuro



Oggi ho iniziato un piccolo nuovo progetto : un blog personale ma che vuole parlare anche di natura, animali, viaggi, libri, stili di vita e crescita personale.
Mi fa piacere pensare di poter arrivare a voi attraverso scritti e video,  o ancora attraverso libri da consigliare ed aneddoti da condividere di quello che mi capita in giro per il mondo.
Mi farebbe molto piacere se avrete voglia di commentare, fare domande, di criticare anche se non siete in accordo con ciò che scrivo o dico, di fare richieste su argomenti di cui vorreste parlare.
Il nome scelto per il blog è NonFaNaPiega, è la frase che mi rappresenta particolarmente, questo sta a significare che “ok, va bene così, il discorso che stai facendo fila liscio, non c'è nessuna discussione da fare in merito” ma  NonFaNaPiega per me è anche un modo ironico per vivere il mondo e la società in cui ci troviamo, soprattutto in Occidente, dunque sta a significare la capacità di vedere anche il lato un po' più comico della vita per non farci opprimere, per non farci schiacciare, per non  dare il permesso al mondo di stressarci e deprimerci.
A tal proposito vi voglio raccontare una breve storia.

“Jason viaggia attraverso le zone più remote del Senegal almeno un paio di volte l'anno. La prima volta lo fece con un'associazione no-profit che lo portò lì. Ci torna ancora oggi perchè impara sempre qualcosa da questi viaggi. Di recente, in un pomeriggio con 46 gradi all'ombra, uno degli anziani del villaggio lo prese da parte per fargli una domanda molto pressante: “Come vive la gente nel Nord America?”.

Jason spiegò che la maggior parte vive in case di proprietà in qualche modo simili alle capanne del villaggio, mentre altri vivono in appartamenti impilati e affiancati che vanno a costituire degli edifici più grandi.

“E tutte queste case”, chiese ancora l'anziano, “sono circondate da pareti?”

Sì, rispose Jason.

“E perchè?”

“Per proteggerli dal cattivo tempo e, a volte, anche dalle cattive persone, per proteggere gli oggetti che ci sono all'interno e per avere una privacy.”

“Oh, no, no, no” rispose l'anziano “è una cosa arretrata.”

Nel loro villaggio, spiegò, avevano abbattuto tutte le pareti per essere più al sicuro. “Vedi, troppe cose possono essere nascoste dietro le pareti. Se invece si abbattono, in modo che tutti possano vedere, allora saremo tutti più al sicuro.”
(estratto del libro Come trattare gli altri / e farseli amici nell'era digitale -autore Dale Carnegie- edizione Bompiani)

Questa storia è un po' il riassunto di quella che è la nostra società, la nostra vita.
Ci rinchiudiamo dentro pareti fisiche ma anche dentro i nostri ostacoli mentali, i nostri problemi invece di uscire all'aperto, allo scoperto per trovare le soluzioni migliori nelle nostre vite, per vivere più serenamente per vivere davvero senza pareti e non dietro le pareti, quindi per essere in un qualche modo liberi, disponibili di cogliere tutte le opportunità che la vita ci dona.
Auguro a tutti noi d'imparare a non chiuderci tra quattro mura sia fisiche sia mentali, ma  impariamo ad uscire, a  fidarci, ad affidarci, a credere che esiste un destino che noi possiamo ogni giorno creare e che questo diventi la nostra vita e che sia quel qualcosa che amiamo fare, sia che ci piaccia fare da soli o meglio ancora in condivisione con chi abbiamo accanto ogni giorno.
Chiudo questa breve riflessione con la frase dell'anziano del villaggio.
“Vedi, troppe cose possono essere nascoste dietro le pareti. Se invece si abbattono, in modo che tutti possano vedere, allora saremo tutti più al sicuro.”



venerdì 15 settembre 2017

Spazio Montagna

I ricordi sono un po’ offuscati ma la sensazione degli scarponi che toccano le rocce, che seguono i passi di zio in mezzo ai boschi e che fanno cric-croc tra foglie e rami secchi è qualcosa di ancora molto presente.

Avrò avuto circa 5 o 6 anni le prime volte che venivo lasciata in montagna in Val Calamento con i miei zii nel periodo estivo. Dormivo in tenda anche se mi faceva un po’ paura, ma poi guardando di notte il cielo stellato s’intrufolava dentro me una quiete particolare e tutta mia dove stavo bene ed al sicuro.

Ho imparato a riconoscere i percorsi dei caprioli, a scovare i nascondigli dove crescono i funghi, a camminare in salita seguendo il mio ritmo ma avendo sempre rispetto per chi mi accompagna, attenta a seguire le indicazioni ed i consigli per evitare di trovarmi in situazioni pericolose o sgradevoli.
Sono caduta molte volte sbucciandomi le ginocchia o tornando a casa con le lacrime che mi rigavano il volto per aver preso qualche ortica di troppo.
La montagna mi ha fatto scoprire sentieri dove io non ne vedevo e mi ha insegnato che la vita è come un fiume od un torrente alpino.

Il fiume nasce da una sorgente a monte, solitamente in posti segreti e poco accessibili e poi, per la forza di gravità, si lascia scorrere verso valle creando un percorso tra rocce, dirupi, boschi fino a raggiungere paesi e città per poi confluire dopo moltissimi chilometri verso il mare o in qualche lago.
Il fascino dei torrenti e dei fiumi di montagna mi accompagna ancora oggi a distanza d’anni ed i miei viaggi in Oriente mi hanno fatto riscoprire la bellezza ed il significato profondo che si cela nel percorso di un fiume.
Nella visione orientale il fiume siamo noi e ci troviamo a scorrere tra due sponde, la sponda esteriore e la sponda interiore. Se viene a mancare una di queste due sponde succede che il fiume esonda e molto spesso fa danni ingenti a tutto quello che trova davanti a sé.

Il fiume è la parabola dei miei primi 40 anni di vita.
Cresciuta in un Occidente molto legato al materiale ed all’esteriorità ho cercato di far scorre il fiume (me stessa) verso valle, ma per inesperienza e mancanza di consapevolezza profonda di me e del mio lato più legato all’interiorità, all’anima, ho spesso fatto esondare il fiume facendo danni a me stessa e spesso anche a chi ho trovato sul cammino. Riparare poi al danno compiuto è sempre un’impresa titanica e che lascia profonde cicatrici sul cuore con cui, senza un profondo lavoro su di sé, è quasi impossibile fare i conti.
Solo molti anni più tardi, viaggiando verso Oriente, ho avuto modo di costruire l’altra sponda per contenere il mio fiume, la sponda dell’interiorità. Questo percorso di consapevolezza di me stessa è sempre in divenire ed in evoluzione ma, strada facendo, mi rendo conto che sta apportando benefici importanti nella mia vita e di conseguenza nella persone che mi sono accanto.

La montagna è come un’amica fedele, un po’ scomoda e difficile a volte per i ripidi pendii da scalare e per il clima spesso troppo incerto ed imprevedibile. Eppure se ascoltata sa dare ed insegnare molte cose: l’accettazione di se stessi, e delle proprie capacità ma anche dei  limiti personali che vanno accolti e non combattuti; il rispetto per la natura tutta, fiori, piante ed animali. La montagna mi ha insegnato la prudenza e la pazienza; l’attesa e la capacità di vedere che sono i passi fatti a rendere bello il viaggio e non il raggiungere la vetta. La vetta è solo una meta provvisoria, ma la vita ha ogni istante nuove mete da mostrare, basta aver voglia di volerle scoprire.

La montagna è stata per molti anni un rifugio dai problemi quotidiani, un angolo di pace dove riposare pensieri ed idee e lasciare spazio al silenzio, alla pace e alla gratitudine.
Anche se è da molto tempo che non vado in montagna, non scordo mai le grandi lezioni apprese da questa maestra severa.

La montagna è stata la scuola migliore che potessi frequentare e per questo sarò sempre grata ai miei genitori per aver permesso agli zii di tenermi in montagna con loro; agli zii per avermi fatto scoprire i piccoli segreti per vivere la montagna; a me stessa per aver scelto lei come la mia più fedele compagna di viaggio e a tutte quelle persone che hanno camminato insieme a me in vari sentieri e percorsi montani apprezzando il bello del viaggiare in compagnia.

La montagna mi ha anche fatto un altro enorme regalo, che custodisco gelosamente: la capacità di stare in solitudine, di trovare sempre in qualsiasi luogo del mondo degli spazi  per stare sola con me stessa. Solo così posso avere la capacità di cavarmela in ogni situazione, sapendo che posso contare su di me.


giovedì 14 settembre 2017

Perchè "NonFaNaPiega"?

è la mia espressione preferita, quella che uso da tempo,
quella che mi esce con naturalezza di fronte all'evidenza;
già "NonFaNaPiega" è quasi la frase che mi contraddistingue;
inevitabile dunque che questo blog prenda il nome proprio da qui;
è un blog personale ma anche di lifestyle;
un blog di viaggio ma anche di crescita personale;
un blog di libri e persone che fanno la differenza nella mia vita;
un blog che vedrà anche come protagonisti amici gatti e meraviglie della natura;
certo un pò un minestrone, ma questa sono io, questa è la mia vita...almeno fino ad oggi!

ky


"Che cosa vuole il mondo da noi?" (Keep calm, goditi il viaggio e passa il favore)

Curioso. Decisamente curioso come un pensiero possa improvvisamente materializzarsi. È successo circa 3 mesi fa, dopo il mio rientr...