Quante
volte capita di fermarmi e di chiedermi chi sono.
Se
guardo i vari social ogni giorno vedo gente che è qualcuno, che ce
l'ha fatta, che almeno così dallo schermo pare felice.
Se
esco dalla porta di casa incontro ancora chi sembra essere felice,
chi sembra sapere chi è.
E
così guardo me, la mia vita, i viaggi compiuti fin qui, le persone
incontrate, le esperienze vissute.
Ho molte più domande per la testa
che risposte.
Molti
più pensieri incerti che certezze.
Molte
più paure che sicurezze.
Eppure
sono qui, comunque serena, comunque quasi certa che va bene così.
Va
bene quello che sono, quello che ho la fortuna di avere, almeno oggi.
Domani
è un altro giorno e si vedrà.
E
ripenso alle parole di Alex Zanardi, o meglio quelle che un giorno il
figlio gli rivolse:
"Eh,
tanto io non sarò mai famoso come te".
E
giustamente Zanardi padre si interroga sul "come spieghi ad un
ragazzino, in modo convincente, che non è importante? Che conta
soprattutto provare ad essere una brava persona?".
Già.
Come si spiegano queste cose?
Ricordo
che in uno dei miei viaggi tailandesi lessi un racconto che oggi
torna utile e che ritengo buona cosa condividere.
C'era
una volta un bellissimo giardino, con alberi e fiori di ogni tipo,
meli, aranci e rose. Tutti felici e soddisfatti. C'era solo felicità
in quel giardino, tranne che per un albero che era molto triste. Il
povero albero aveva un problema: non sapeva chi fosse!
"Ti
manca la concentrazione" gli disse il melo "se davvero ti
impegni, puoi fare mele deliziose. Guarda com'è facile".
"Non
ascoltarlo" intervenne il cespuglio di rose "e guarda
quanto siamo belle noi!".
L'albero
disperato provò a seguire ogni consiglio. Cercò di produrre mele e
far sbocciare rose ma, non riuscendo, a ogni tentativo si sentiva
sempre più frustrato.
Un
giorno un gufo arrivò nel giardino.
Era
il più saggio di tutti gli uccelli e vedendo la disperazione
dell'albero esclamò "Non ti preoccupare. Il tuo problema non è
così serio. È lo stesso di tanti esseri umani! Ti darò io la
soluzione : non passare la tua vita ad essere ciò che gli altri
vogliono tu sia. Sii te stesso. Conosci te stesso e per far ciò
ascolta la tua voce interiore". Poi il gufo se ne andò.
"La
mia voce interiore? Essere me stesso? Conoscere me stesso?"
l'albero disperato pensava tra sè e sè alle parole del gufo quando
all'improvviso comprese. Si tappò le orecchie e aprì il suo cuore e
sentì la sua voce interiore che gli stava dicendo "non darai
mai mele perchè non sei un melo e non darai mai fiori ogni primavera
perchè non sei un cespuglio di rose. Tu sei una sequoia e il tuo
destino è crescere alto e maestoso. Sei qui per offrire riparo agli
uccelli, ombra ai viaggiatori, bellezza al paesaggio! Tu hai questa
missione. Seguila!".
A
queste parole l'albero si sentì forte e sicuro di sè e cessò ogni
tentativo di diventare qualcun altro ed esattamente quello che gli
altri si aspettavano da tutti. Solo da quel momento il giardino
divenne completamente felice.
Albert
Einstein diceva che "tutti sono geni. Ma se giudichi un pesce in
base alla sua capacità di arrampicarsi su un albero, lui vivrà
tutta la sua vita pensando di essere stupido".
Provare
ad essere chi si è. Senza giri di parole. Senza sprechi inutili di
energia in ciò che non ci appartiene. Senza dover essere la brutta
copia di altri, spesso dei propri genitori che magari ricoprono ruoli
lavorativi importanti e di prestigio.
Essere
se stessi al proprio meglio.
Essere brave persone. Persone buone.
Una
sfida come tante nella vita.
Forse
questa è la sfida più avvincete ed appasionante in cui possiamo
imbarcarci.
Fa
paura. Fa tremare le gambe.
Fa
andare in tilt pensieri e credenze. Fa andare contro corrente.
Fa
sentire anche soli a volte, messi in un angolo con la testa tra le
mani.
Ma
fa crescere. Fa diventare sè stessi, la miglior versione possibile,
l'unica versione su 7 miliardi di individui. Mica male direi!
Forse
ne vale la pena. Credo ne valga davvero la pena.
Accontentarsi
di essere una sequoia invece che un cespuglio di rose o un albero di
melo.
Non
è una brutta parola "accontentarsi" .
È
una parola buona se presa nella prospettiva di accettare chi siamo,
di mostrarlo agli altri e di provare giorno dopo giorno a migliorarsi
accontentandosi di essere semplicemente sè stessi.
Ky