martedì 12 giugno 2018

Che ci sto a fare? A volte un sasso ce lo può insegnare




Che ci sto a fare?
Che ci sto a fare nei vari profili social? Che ci sto a fare in quel tal posto di lavoro? Che ci sto a fare in situazioni più o meno scomode? Che ci sto a fare insieme a quel tizio/a? Che ci sto a fare con il blog? Che ci sto a fare con lo scrivere? Che ci sto a fare dentro questo progetto?
Una valanga di "che ci sto a fare?" a cui cercare risposte, soluzioni, alternative, vie di fuga o significati vari.
Ieri mi è arrivato un messaggio inatteso. Una persona conosciuta nei vari social, un pò di tempo fa, mi chiede se gli faccio avere il mio indirizzo di casa così che possa inviarmi un libro scritto di suo pugno. Una bellissima sorpresa, soprattutto per chi come me ama i libri, adora leggere.
Che poi mi ritrovo molto spesso a farmi la domanda "che ci sto a fare?", domanda che mi aiuta a capire il senso di quello che vivo, delle situazioni in cui mi ritrovo per scelta o meno, del lavoro che svolgo, dello scrivere, del relazionarmi con.
E ricordo un racconto che vede come protagonisti un uccellino ed un sasso.

C’era una volta, in un inverno freddissimo, un uccellino che volava su un campo innevato.
Avendo le zampette piene di neve cercava un posto su cui appoggiarsi.
Dall’alto sembrava che tutto fosse ricoperto di neve.
Scendendo più in basso, però, si accorse che c’era una pietra che ne era priva.
Allora l’uccellino si avvicinò e chiese al sasso: “Scusami, sono infreddolito e ho le zampette piene di neve, posso poggiarmi su di te per qualche istante?”
Il sasso lo guardò e subito disse “Ma certo!”.
L’uccellino si posò, si asciugò le zampette e dopo qualche minuto riprese il viaggio.
Nel ripartire disse alla pietra: “Grazie, sei stato veramente gentile, eri l’unico su cui potevo poggiarmi. Ti sarò sempre debitore”.
Ma il sasso rispose: “Grazie a te! Ora non mi chiederò più che ci sto a fare”.


Capita a tanti di non sapere che ci stiamo a fare o cosa stiamo combinando in varie situazioni di vita. Forse siamo un pò come il sasso del racconto. Un sasso che non sa bene quale sia il significato del suo essere in quel determinato posto e che lo scopre solo grazie ad un uccellino vagabondo, infreddolito e gentile.
A volte sappiamo chi siamo, cosa stiamo facendo, perchè e come stiamo facendo quella tal cosa. Altre volte invece proprio non ci capiamo più nulla, restiamo lì senza risposte valide e convincenti perchè magari qualcuno non ci ha capiti o ci ha criticati o qualsiasi altra cosa. E poi succede che arriva qualcuno, un amico, la tua compagna, i tuoi figli, persone sconosciute che si avviccinano, ti chiedono di potersi appoggiare per pochi istanti accanto a te e attraverso atti di gentilezza e bontà ti aiutano a comprende il significato del proprio personale "cosa ci sto a fare?".
E questo essere presenti, vicini, questa voglia di condividere e di incontrarsi fa tutta la differenza del mondo. Proprio come un sassolino.

Ky







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