mercoledì 20 giugno 2018

Tutto in uno zaino




Lo zaino è posato nell'angolo, quello di sempre. È fermo lì da metà Marzo. Sta prendendo polvere. Dovrei coprirlo probabilmente. Eppure non mi viene da compiere questo gesto. Forse perchè preferisco darci uno sguardo ogni volta che mi capita di passarci accanto. Forse perchè è una specie di mappa di ricordi, emozioni, incontri, esperienze che ho avuto la fortuna di compiere soprattutto negli ultimi sei anni. E lo zaino da sempre è simbolo del mettersi in viaggio. Che sia per un pic nic fuori porta. Che sia per scalare l'Everest. Che sia per recarsi a scuola. Che sia per partire alla ricerca di significati altri, culture diverse. Che sia per qualunque motivo, lo zaino è una sorta di casa mobile in cui si rinchiudono i propri effetti personali ed in cui spesso si tenta di rinchiudere anche un pò di affetti, che sembrano indispensabili ancore di salvataggio lungo i percorsi così incerti ed imprevedibili del viaggiare. Si parte per l'incerto mettendo sulle spalle un pò di quelle certezze che si crede di possedere. In verità poi strada facendo tutto sfuma, tutto muta, tutto si trasforma. Anche tu cambi. È inevitabile. Conseguenza naturale di chi decide di mettersi in viaggio. I motivi sono i più disparati, ciascuno ha il proprio. La sola certezza è che si viaggia partendo sempre dal sè per poi, si spera, arrivare a quel noi che amplifica i significati del viaggiare.
Ogni volta che si avvicinava il tempo della partenza iniziava la lista delle cose da portare e quella delle cose da lasciare a casa. Confesso che la lista delle cose che ritenevo indispensabili avere con me, era sempre esageratamente lunga. E così ogni giorno mi capitava di aggiungere qualcosa a tutto quello che già era pronto sopra il letto per essere poi infilato nello zaino.
Il primo anno del mio viaggio verso Oriente ho riempito e disfatto lo zaino una infinità di volte. Metti e togli. Togli e metti. Metti e togli. Toglie e metti.
E così perdevo ore di tempo preziose per altri e per altro.
La fortuna è che gli zaini hanno una capienza limitata, oltre la quale non si può proprio andare. E così lungo questi sei anni ho imparato a portare solo il necessario lasciando a casa i vari ed inutili "just in case".
Lo zaino comunque è stato sempre fedele amico, necessario ed indispensabile in molte occasioni. Un amico inanimato certo, ma che ha concesso a me e Nadia di trasportare dall'Italia alla Thailandia parecchi capi di vestiario per i bambini birmani. Grazie allo zaino siamo riuscite a trasportare in scooter centinaia di quaderni e libri di testo per la scuola che sostenevamo. Medicinali e kit di primo soccorso per la gente di un villaggio al confine thai-birmano. Lo zaino mi ha sempre accompagnato anche in quei viaggi non proprio così legali in cui si doveva attraversare il fiume di confine con una barchetta e con la scorta militare per raggiungere la sponda birmana. Viaggi sempre spinti dalla volontà di compiere azioni buone, di portare aiuti concreti. Ed ancora lo zaino mi e ci ha accompagnato in quei viaggi "into the wild" che ogni tanto si riusciva a fare. Zaino che diveniva valigia viaggiante ed anche "appendiabiti" con tanto di mollette per consentire a reggiseni, slip, asciugamani e t-shirt di asciugare. Zaino che mi ha sempre consentito di fare incontri di ogni sorta.
Comunque sia, l'ultima volta che ho fatto lo zaino per la Thailandia ho infilato più libri che vestiti.
Ma questo si impara solo facendone esperienza. Solo mettendosi in viaggio.
E come scriveva Sebastiano Zanolli nel lontano 2012:
"Viaggiare implica novità, novità implica incertezza, incertezza implica rischio, rischio implica pericolo. Pericolo anche di fare i conti con se stessi e le proprie debolezze e l'incapacità di lasciare andare il di più, il conosciuto comodo anche se inutile.
Il viaggio ti chiede di accettare tutto ciò e tutta la gente che incontrerai, di abbandonare molto di ciò che credi di essere, e molti che credevi indispensabili. Altrimenti non servirà andarsene.(...).
Ecco perchè chi viaggia diventa resiliente.
Chi viaggia è capace di vedere l'infinitamente grande in ogni piccolo passo.
Per poi ritornare a casa.
Per poi ripartire".
Non penso di avere smesso di viaggiare. Magari per un pò non metterò lo zaino in spalla, non dovrò fare varie liste pre-partenza, eppure mi sento anche adesso in viaggio, perchè una volta che inizi a viaggiare come una volta che impari a sognare – come cantano i Negrita - poi non smetti più.

Ky



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