Lo
zaino è posato nell'angolo, quello di sempre. È fermo lì da metà
Marzo. Sta prendendo polvere. Dovrei coprirlo probabilmente. Eppure
non mi viene da compiere questo gesto. Forse perchè preferisco darci
uno sguardo ogni volta che mi capita di passarci accanto. Forse
perchè è una specie di mappa di ricordi, emozioni, incontri,
esperienze che ho avuto la fortuna di compiere soprattutto negli
ultimi sei anni. E lo zaino da sempre è simbolo del mettersi in
viaggio. Che sia per un pic nic fuori porta. Che sia per scalare
l'Everest. Che sia per recarsi a scuola. Che sia per partire alla
ricerca di significati altri, culture diverse. Che sia per qualunque
motivo, lo zaino è una sorta di casa mobile in cui si rinchiudono i
propri effetti personali ed in cui spesso si tenta di rinchiudere
anche un pò di affetti, che sembrano indispensabili ancore di
salvataggio lungo i percorsi così incerti ed imprevedibili del
viaggiare. Si parte per l'incerto mettendo sulle spalle un pò di
quelle certezze che si crede di possedere. In verità poi strada
facendo tutto sfuma, tutto muta, tutto si trasforma. Anche tu cambi.
È inevitabile. Conseguenza naturale di chi decide di mettersi in
viaggio. I motivi sono i più disparati, ciascuno ha il proprio. La
sola certezza è che si viaggia partendo sempre dal sè per poi, si
spera, arrivare a quel noi che amplifica i significati del viaggiare.
Ogni
volta che si avvicinava il tempo della partenza iniziava la lista
delle cose da portare e quella delle cose da lasciare a casa.
Confesso che la lista delle cose che ritenevo indispensabili avere
con me, era sempre esageratamente lunga. E così ogni giorno mi
capitava di aggiungere qualcosa a tutto quello che già era pronto
sopra il letto per essere poi infilato nello zaino.
Il
primo anno del mio viaggio verso Oriente ho riempito e disfatto lo
zaino una infinità di volte. Metti e togli. Togli e metti. Metti e
togli. Toglie e metti.
E
così perdevo ore di tempo preziose per altri e per altro.
La
fortuna è che gli zaini hanno una capienza limitata, oltre la quale
non si può proprio andare. E così lungo questi sei anni ho imparato
a portare solo il necessario lasciando a casa i vari ed inutili "just
in case".
Lo
zaino comunque è stato sempre fedele amico, necessario ed
indispensabile in molte occasioni. Un amico inanimato certo, ma che
ha concesso a me e Nadia di trasportare dall'Italia alla Thailandia
parecchi capi di vestiario per i bambini birmani. Grazie allo zaino
siamo riuscite a trasportare in scooter centinaia di quaderni e libri
di testo per la scuola che sostenevamo. Medicinali e kit di primo
soccorso per la gente di un villaggio al confine thai-birmano. Lo
zaino mi ha sempre accompagnato anche in quei viaggi non proprio così
legali in cui si doveva attraversare il fiume di confine con una barchetta e con la
scorta militare per raggiungere la sponda birmana.
Viaggi sempre spinti dalla volontà di compiere azioni buone, di
portare aiuti concreti. Ed ancora lo zaino mi e ci ha accompagnato in
quei viaggi "into the wild" che ogni tanto si riusciva a
fare. Zaino che diveniva valigia viaggiante ed anche "appendiabiti"
con tanto di mollette per consentire a reggiseni, slip, asciugamani e
t-shirt di asciugare. Zaino che mi ha sempre consentito di fare
incontri di ogni sorta.
Comunque
sia, l'ultima volta che ho fatto lo zaino per la Thailandia ho
infilato più libri che vestiti.
Ma
questo si impara solo facendone esperienza. Solo mettendosi in
viaggio.
E
come scriveva Sebastiano Zanolli nel lontano 2012:
"Viaggiare
implica novità, novità implica incertezza, incertezza implica
rischio, rischio implica pericolo. Pericolo anche di fare i conti con
se stessi e le proprie debolezze e l'incapacità di lasciare andare
il di più, il conosciuto comodo anche se inutile.
Il
viaggio ti chiede di accettare tutto ciò e tutta la gente che
incontrerai, di abbandonare molto di ciò che credi di essere, e
molti che credevi indispensabili. Altrimenti non servirà
andarsene.(...).
Ecco
perchè chi viaggia diventa resiliente.
Chi
viaggia è capace di vedere l'infinitamente grande in ogni piccolo
passo.
Per
poi ritornare a casa.
Per
poi ripartire".
Non
penso di avere smesso di viaggiare. Magari per un pò non metterò lo
zaino in spalla, non dovrò fare varie liste pre-partenza, eppure mi
sento anche adesso in viaggio, perchè una volta che inizi a
viaggiare come una volta che impari a sognare – come cantano i
Negrita - poi non smetti più.
Ky
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