sabato 23 settembre 2017

Avere QUASI 40 anni e…sentirli!


Io e mio fratello Gianni, 36 anni fa (Valrovina)
Manca poco, ci siamo quasi e, sopra una magnifica torta troverò 40 candeline (spero non di colore rosa) che mi ricorderanno che è tempo, i 40 sono qui che bussano con leggero fastidio nelle mia testa per ricordarmi che sarebbe ora di decidere cosa vorrei fare  “da grande”.

Da grande?!

Mmm, credo questa sia una tra le peggiori espressioni o, modi di dire, che potevamo inventare. Un’espressione che, se ci pensiamo bene, condiziona l’esistenza di tutti noi fin da piccoli.
Quante volte i nostri genitori o gli adulti in generale ci dicevano “hai già pensato cosa vorresti fare da grande?” oppure “quando sarai grande tu farai…” ed ancora “vedrai quando sarai grande quante responsabilità dovrai gestire”.
E via dicendo.

Non vi sembra strano che già da piccoli ed innocenti frugoletti, gli adulti condizionino inconsapevolmente le nostre menti, facendoci così credere che noi saremo adulti doc solo nel momento stesso in cui troveremo il lavoro della nostra vita, meglio ancora se è quello che i nostri genitori desiderano per noi?!

Driin, driin…
Ecco che suona il primo campanello d’allarme.

Non voglio credere che io sarò riconosciuta solo in base al lavoro che sceglierò di fare “da grande”.

Spesso incontro conoscenti con cui il rapporto è ad un livello superficiale e di cortesia e le frasi di rito sono “ciao, come va?” o “ciao come stai? e il lavoro?”…
Mmm, qualcosa non quadra. Come va cosa? Il lavoro?

Manca il passaggio zero.

Vi siete mai chiesti perché in automatico si associa alla domanda “come stai? come va?” il concetto di “lavoro”?
Semplicemente per quelle frasi dette da genitori e parenti vari che il nostro cervello ha registrato come importanti quand’eravamo bambini e che tornano inevitabilmente a galla al primo “ciao, come va? E il lavoro?”.

Viviamo in una società che ci riconosce molto spesso per il lavoro che facciamo e non per la persona che siamo.

Cambiare prospettiva è possibile.
Fortuna che c’è il rovescio della medaglia ed è racchiuso in una frase che tengo sempre a mente: “Niente è così contagioso come l’esempio”.

L’esempio: meno parole e più azioni, meno condizionamenti e più esperienze.

Non sono e non saranno mai le parole a fare di noi “chi siamo”, ma solo le azioni, i gesti e le esperienze sono in grado di darci la direzione. Se poi siano quelle migliori per noi è tutto da scoprire.

Sono cresciuta a forza di sbagli e cadute, ma sono diventata “grande”, in fin dei conti ho quasi 40 anni e ne sento il peso. Un peso dato dalle esperienze vissute, dai lavori svolti, dalle scuole frequentate, dai consigli non ascoltati, dalle decisioni prese d’istinto, dalle persone incontrate. E tutto questo e molto altro mi fanno essere la persona che sono oggi a quasi 40 anni.

Quando mi viene chiesto che lavoro faccio, la mia risposta è sempre la stessa  “non so cosa farò da grande ma so chi sono oggi”.

Concludo queste riflessioni, a quasi 40 anni, con una bellissima frase di John Lennon:
"A scuola mi domandarono cosa volessi essere da grande. 
Io scrissi: Felice.
Mi dissero che non avevo capito il compito,
e io risposi che loro non avevano capito la vita".


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