È buio pesto fuori. Con il
cambio d'orario è ancora più buio. Alle 5 del mattino ancora più
buio del buio. Quasi quasi mi pento di essermi già alzata. Ma ormai
che ci sono, mi scaldo con un tea fumante e accendo il pc. Un foglio,
un nuovo bianco foglio attende inchiostro che prenda forma, che si
faccia parola, che diventi significato, che racconti un'altra storia.
Leggendo un articolo – di
non ricordo chi - qualche tempo fa, ho trovato un bellissimo
significato legato al raccontare, allo scrivere storie. Le storie che
hanno come compito quello di smuovere, di creare movimenti.
Significato intenso ed allo stesso tempo impegnativo.
Non è facile "smuovere"
e tantomeno "creare movimenti". Non è neppure impossibile
però. Il rovescio della medaglia è sempre poco gettonato.
Ed allora scrivo, o ci
provo, una nuova storia. Storia che racconta di incontri. Incontri
che hanno il sapore del ritrovarsi. Ritrovarsi che ogni volta è
accolto dall'abbracciare e dal lasciarsi abbracciare.
Gli ultimi 4 mesi in Oriente
mi hanno lasciato addosso necessità di abbracci. Sarà perchè nella
cultura tailandese è molto raro l'abbracciare, e così mi sono
trovata ad abbracciare e lasciarmi abbracciare solo da Nadia (che
ringrazio di cuore per avermi donato un'infinità di abbracci) e dai
9 mici che girovagavano per casa. Necessito dunque anche di abbracci
diversi, con diverse vibrazioni, diversi sapori, diverso sentire,
diverse intensità, diverso calore.
La comunicazione e
l'organizzazione di un incontro oggi è rapida, quasi immedita, un pò
come lo era un tempo spedire una lettera per posta prioritaria. Basta
un whatsapp e ci si organizza per il tal giorno a un determinato
orario.
Ritrovo a cena, 5 giorni fa,
con Picci.
Un incontro atteso. Un incontro di quelli dove sai che il
primo, primissimo gesto che farai dipenderà tutto dalle tue braccia.
Ma questo gesto dell'abbracciare non serve mai prepararlo, almeno non
per me. È naturale, come era naturale prendere tra le ditina paffute
di bimba una ciocca di capelli di mamma o papà e rigirarla tra le
dita fino a che il sonno non arrivava.
E ti abbraccio e mi lascio
abbracciare. E così la distanza accumulata in questi 4 mesi lontane
diminuisce visibilmente. Ci si racconta, ci si ritrova uguali, o
quasi – io nel frattempo con qualche ruga nuova - ma con un pò di
vissuto in più ad arricchire le nostre vite.
Parlando ci viene un'idea
forse un pò folle, o fuori dai classici schemi. Un diario in
condivisione. Vedremo cosa ne uscirà da qui ai prossimi mesi. Due
generazioni a confronto, due generazioni che raccontano, condividono
e scambiano pensieri, esperienze, idee e sentire. Tu poco più che
ventenne, io ormai quarantenne. Sarà di certo una bella esperienza.
Grazie!
In questi giorni non potevo
non abbracciare te mia carissima Marì. Un'amicizia lunga quasi 20
anni. Il sorriso e l'abbraccio che ci regaliamo sono sempre ogni
volta colmi di gioia. La gioia del rivedersi, nonostante ciascuna
porti avanti la propria vita, nonostante – anche quando sono qui a
casa – non ci si veda poi così tanto. Un'amicizia indelebile, di
quelle che nessun cancellino, nessuna gomma, nessun bianchetto può
coprire. Quasi 20 anni di tanta roba vissuta assieme. Quasi 20 anni
per cui ringrazio sempre di averti incontrata tra i miei incasinati
passi. Quasi 20 anni che ti prendi cura di me ed io di te, ciascuna a
modo proprio, con i propri tempi e le possibilità date dal momento.
Grazie!
E arrivo da te. Da te P.S.
Da te che ti ho incontrata appena diciassettenne. Da te che sei
entrata come una ventata di allegria e gioia allo stato puro nella
mia vita. Da allora di cose ne abbiamo vissute. Tu con le tue
esperienze di crescita e di passaggi da un'età balorda – com'era
il tempo dell'adolescenza – al divenire donna. La donna che oggi mi
ritrovo davanti. Io con le mie fatiche da persona che tentava di
divenire adulta ma che faticava nel fare il passaggio. Ci ritroviamo
una di fronte all'altra. Due donne. Due percorsi molto diversi.
Vicine per un brevissimo flash di vita. Eppure in questi intensi 10
anni il bene è sempre rimasto e con questo il nostro modo di
abbracciare. E lo spazio di ritrovarci almeno una o due volte l'anno
l'abbiamo sempre trovato.
Questa volta mi hai accolta
nella tua nuova casa. E non hai fatto in tempo ad aprire la porta che
ero già con le braccia attorno a te. Mentre tu tentavi di
richiuderla. Sai bene che nel modo di abbracciare sono sempre la
solita. E ci si racconta, si riprendono i discorsi lasciati a
mezz'aria un anno fa. Si percepisce la crescita che il tempo che
passa porta inevitabilmente con sè. Si ritovano fragilità e paure.
Si scoprono nuovi pensieri e scelte di vita, traguardi raggiunti o
quasi e nuove porte da avere il coraggio di spalancare. Io come al
solito seduta a gambe incrociate sul pavimento che ti ascolto mentre
mi racconti, mentre ti racconto. Ed ogni tanto, tra una parola, una
risata di gusto, parole buttate là in dialetto veneto, aquiloni e
buoi ed un caffè preso alle 5.30 del pomeriggio – che mi ha
tenuta sveglia tutta la notte – ci si abbraccia, quasi a voler
mettersi in pari con il tempo lasciato alle spalle. Grazie!
La macchina macina
chilometri. È una bellissima giornata di sole dopo tanto freddo. La
meta è Padova. Ogni volta un casino per parcheggiare. Ma ce la
faccio anche questa volta. Passo per Prato della Valle, piazza che
adoro. Ogni anno, al mio rientro dall'Oriente, vengo a trovarti. Un
appuntamento fisso. Un incontro per me sacro. Come al solito arrivo
sempre in anticipo, non di molto questa volta. Appoggiata al muro ti
aspetto. Sono assorta nei miei pensieri. Mi chiami. Mi volto e ci si
abbraccia. Un giro di scale, la porta si apre e ritrovo la stanza, la solita stanza che mi ha accolto per molto tempo. La stanza dove ogni
volta entro, mi siedo sulla poltrona in modo scomposto – non questa
volta però – e dove ancora una volta non ti lascio tempo di
togliere il cappotto che sono già lì ad abbracciarti. Una stanza
che è un pò un rifugio, una casa dove stare in pace, dove
raccontare o stare in silenzio. Finalmente lascio che anche tu ti
sieda. Mi guardi. Ti guardo. Sorridi. Sorrido. Prendo un paio delle
mitiche liquerizie che tieni immancabilmente sul tavolo. E poi ci si
racconta. Forse sono io che racconto di più. Tu ascolti. Ascolti in
quel modo che mi piace tanto. Ripercorriamo un pò i passi a ritroso
e facendo due rapidi calcoli viene fuori che ci conosciamo ormai da
16 anni. Fatico a crederci, ma in effetti è proprio così. Non ci
siamo mai perse di vista in tutto sto tempo. Non ci perderemo di
vista nemmeno in futuro. Fa solo strano non sentire la solita domanda
che mi facevi ogni volta prima di salutarci "quando
riparti?". Già, suona strano. Ma questa volta non ho
nessuna risposta, nessuna data di partenza. Sono qui. Resto qui. Per
ora. Nessuna certezza. Tranne quella del bene che ci lega così
profondamente. Un caffè tu, un succo io. Un salto in libreria. Un
altro inteso e profondo abbraccio. E sono di nuovo sulla via del
ritorno. Grazie!
È il tuo turno cara P.
Amica di corse campestri e passaggi di pallavolo in campi
improvvisati. Amica da 25 anni. Certo ci siamo perse lungo il
percorso. Oggi però siamo qui, ancora una volta, sempre le stesse.
Tu in tuta da ginnastica, io in jeans. Tu con figli, io nessuno. Ma
siamo qui. E ci raccontiamo. Cercando di ascoltare il poco che riesci
a dire tra le righe per non farti sentire dai ragazzi. Hai preso una
decisione importante. Un cambio rotta che sentivi da tempo e che oggi
diventa respiro. Un nuovo inizio. Sei coraggiosa, hai tutta la mia
stima ed il mio appoggio. Un abbraccio di sfuggita, quasi al volo il
nostro. Questo modo di volerci bene non è mutato nel tempo, e più
che un abbraccio noi siamo donne da una pacca sulla spalla. Mi è
sempre piaciuto questo gesto condiviso con te. Grazie!
E si fa sera. La stanchezza
del giorno si fa sentire. Le emozioni però rendono tutto più
leggero e vivo. È stata una ventata d'aria buona ricevere e donare
tutti questi abbracci.
Sono stati giorni intensi di
storie sempre piene di dettagli nuovi da raccontare e raccontarsi.
Storie vere che hanno la capacità di smuovere, di creare quei
movimenti che rendono l'esistenza più densa, più ricca, più donna
e più umana.
Grazie a ciascuna di voi per
il bene, per gli abbracci o le pacche sulle spalle, per i sorrisi, le
parole condivise, le emozioni velate ma presenti, per il raccontare
ognuna la propria storia. Grazie perchè non è mai impossibile
creare movimenti nuovi, aprire nuove porte o chiuderne altre.
E capisco così che il
rovescio della medaglia non è per forza sempre da scartare.
Ky
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