martedì 27 marzo 2018

Quando ti accorgi che il rovescio della medaglia non è sempre da scartare (un invito a raccontare la propria storia per smuovere e creare movimenti che legano quello che è stato a quello che si è)




È buio pesto fuori. Con il cambio d'orario è ancora più buio. Alle 5 del mattino ancora più buio del buio. Quasi quasi mi pento di essermi già alzata. Ma ormai che ci sono, mi scaldo con un tea fumante e accendo il pc. Un foglio, un nuovo bianco foglio attende inchiostro che prenda forma, che si faccia parola, che diventi significato, che racconti un'altra storia.

Leggendo un articolo – di non ricordo chi - qualche tempo fa, ho trovato un bellissimo significato legato al raccontare, allo scrivere storie. Le storie che hanno come compito quello di smuovere, di creare movimenti. Significato intenso ed allo stesso tempo impegnativo.
Non è facile "smuovere" e tantomeno "creare movimenti". Non è neppure impossibile però. Il rovescio della medaglia è sempre poco gettonato.

Ed allora scrivo, o ci provo, una nuova storia. Storia che racconta di incontri. Incontri che hanno il sapore del ritrovarsi. Ritrovarsi che ogni volta è accolto dall'abbracciare e dal lasciarsi abbracciare.
Gli ultimi 4 mesi in Oriente mi hanno lasciato addosso necessità di abbracci. Sarà perchè nella cultura tailandese è molto raro l'abbracciare, e così mi sono trovata ad abbracciare e lasciarmi abbracciare solo da Nadia (che ringrazio di cuore per avermi donato un'infinità di abbracci) e dai 9 mici che girovagavano per casa. Necessito dunque anche di abbracci diversi, con diverse vibrazioni, diversi sapori, diverso sentire, diverse intensità, diverso calore.

La comunicazione e l'organizzazione di un incontro oggi è rapida, quasi immedita, un pò come lo era un tempo spedire una lettera per posta prioritaria. Basta un whatsapp e ci si organizza per il tal giorno a un determinato orario.

Ritrovo a cena, 5 giorni fa, con Picci. 
Un incontro atteso. Un incontro di quelli dove sai che il primo, primissimo gesto che farai dipenderà tutto dalle tue braccia. Ma questo gesto dell'abbracciare non serve mai prepararlo, almeno non per me. È naturale, come era naturale prendere tra le ditina paffute di bimba una ciocca di capelli di mamma o papà e rigirarla tra le dita fino a che il sonno non arrivava.
E ti abbraccio e mi lascio abbracciare. E così la distanza accumulata in questi 4 mesi lontane diminuisce visibilmente. Ci si racconta, ci si ritrova uguali, o quasi – io nel frattempo con qualche ruga nuova - ma con un pò di vissuto in più ad arricchire le nostre vite.
Parlando ci viene un'idea forse un pò folle, o fuori dai classici schemi. Un diario in condivisione. Vedremo cosa ne uscirà da qui ai prossimi mesi. Due generazioni a confronto, due generazioni che raccontano, condividono e scambiano pensieri, esperienze, idee e sentire. Tu poco più che ventenne, io ormai quarantenne. Sarà di certo una bella esperienza. Grazie!

In questi giorni non potevo non abbracciare te mia carissima Marì. Un'amicizia lunga quasi 20 anni. Il sorriso e l'abbraccio che ci regaliamo sono sempre ogni volta colmi di gioia. La gioia del rivedersi, nonostante ciascuna porti avanti la propria vita, nonostante – anche quando sono qui a casa – non ci si veda poi così tanto. Un'amicizia indelebile, di quelle che nessun cancellino, nessuna gomma, nessun bianchetto può coprire. Quasi 20 anni di tanta roba vissuta assieme. Quasi 20 anni per cui ringrazio sempre di averti incontrata tra i miei incasinati passi. Quasi 20 anni che ti prendi cura di me ed io di te, ciascuna a modo proprio, con i propri tempi e le possibilità date dal momento. Grazie!

E arrivo da te. Da te P.S. 
Da te che ti ho incontrata appena diciassettenne. Da te che sei entrata come una ventata di allegria e gioia allo stato puro nella mia vita. Da allora di cose ne abbiamo vissute. Tu con le tue esperienze di crescita e di passaggi da un'età balorda – com'era il tempo dell'adolescenza – al divenire donna. La donna che oggi mi ritrovo davanti. Io con le mie fatiche da persona che tentava di divenire adulta ma che faticava nel fare il passaggio. Ci ritroviamo una di fronte all'altra. Due donne. Due percorsi molto diversi. Vicine per un brevissimo flash di vita. Eppure in questi intensi 10 anni il bene è sempre rimasto e con questo il nostro modo di abbracciare. E lo spazio di ritrovarci almeno una o due volte l'anno l'abbiamo sempre trovato.
Questa volta mi hai accolta nella tua nuova casa. E non hai fatto in tempo ad aprire la porta che ero già con le braccia attorno a te. Mentre tu tentavi di richiuderla. Sai bene che nel modo di abbracciare sono sempre la solita. E ci si racconta, si riprendono i discorsi lasciati a mezz'aria un anno fa. Si percepisce la crescita che il tempo che passa porta inevitabilmente con sè. Si ritovano fragilità e paure. Si scoprono nuovi pensieri e scelte di vita, traguardi raggiunti o quasi e nuove porte da avere il coraggio di spalancare. Io come al solito seduta a gambe incrociate sul pavimento che ti ascolto mentre mi racconti, mentre ti racconto. Ed ogni tanto, tra una parola, una risata di gusto, parole buttate là in dialetto veneto, aquiloni e buoi ed un caffè preso alle 5.30 del pomeriggio – che mi ha tenuta sveglia tutta la notte – ci si abbraccia, quasi a voler mettersi in pari con il tempo lasciato alle spalle. Grazie!

La macchina macina chilometri. È una bellissima giornata di sole dopo tanto freddo. La meta è Padova. Ogni volta un casino per parcheggiare. Ma ce la faccio anche questa volta. Passo per Prato della Valle, piazza che adoro. Ogni anno, al mio rientro dall'Oriente, vengo a trovarti. Un appuntamento fisso. Un incontro per me sacro. Come al solito arrivo sempre in anticipo, non di molto questa volta. Appoggiata al muro ti aspetto. Sono assorta nei miei pensieri. Mi chiami. Mi volto e ci si abbraccia. Un giro di scale, la porta si apre e ritrovo la stanza, la solita stanza che mi ha accolto per molto tempo. La stanza dove ogni volta entro, mi siedo sulla poltrona in modo scomposto – non questa volta però – e dove ancora una volta non ti lascio tempo di togliere il cappotto che sono già lì ad abbracciarti. Una stanza che è un pò un rifugio, una casa dove stare in pace, dove raccontare o stare in silenzio. Finalmente lascio che anche tu ti sieda. Mi guardi. Ti guardo. Sorridi. Sorrido. Prendo un paio delle mitiche liquerizie che tieni immancabilmente sul tavolo. E poi ci si racconta. Forse sono io che racconto di più. Tu ascolti. Ascolti in quel modo che mi piace tanto. Ripercorriamo un pò i passi a ritroso e facendo due rapidi calcoli viene fuori che ci conosciamo ormai da 16 anni. Fatico a crederci, ma in effetti è proprio così. Non ci siamo mai perse di vista in tutto sto tempo. Non ci perderemo di vista nemmeno in futuro. Fa solo strano non sentire la solita domanda che mi facevi ogni volta prima di salutarci "quando riparti?". Già, suona strano. Ma questa volta non ho nessuna risposta, nessuna data di partenza. Sono qui. Resto qui. Per ora. Nessuna certezza. Tranne quella del bene che ci lega così profondamente. Un caffè tu, un succo io. Un salto in libreria. Un altro inteso e profondo abbraccio. E sono di nuovo sulla via del ritorno. Grazie!

È il tuo turno cara P. 
Amica di corse campestri e passaggi di pallavolo in campi improvvisati. Amica da 25 anni. Certo ci siamo perse lungo il percorso. Oggi però siamo qui, ancora una volta, sempre le stesse. Tu in tuta da ginnastica, io in jeans. Tu con figli, io nessuno. Ma siamo qui. E ci raccontiamo. Cercando di ascoltare il poco che riesci a dire tra le righe per non farti sentire dai ragazzi. Hai preso una decisione importante. Un cambio rotta che sentivi da tempo e che oggi diventa respiro. Un nuovo inizio. Sei coraggiosa, hai tutta la mia stima ed il mio appoggio. Un abbraccio di sfuggita, quasi al volo il nostro. Questo modo di volerci bene non è mutato nel tempo, e più che un abbraccio noi siamo donne da una pacca sulla spalla. Mi è sempre piaciuto questo gesto condiviso con te. Grazie!

E si fa sera. La stanchezza del giorno si fa sentire. Le emozioni però rendono tutto più leggero e vivo. È stata una ventata d'aria buona ricevere e donare tutti questi abbracci.
Sono stati giorni intensi di storie sempre piene di dettagli nuovi da raccontare e raccontarsi. Storie vere che hanno la capacità di smuovere, di creare quei movimenti che rendono l'esistenza più densa, più ricca, più donna e più umana.
Grazie a ciascuna di voi per il bene, per gli abbracci o le pacche sulle spalle, per i sorrisi, le parole condivise, le emozioni velate ma presenti, per il raccontare ognuna la propria storia. Grazie perchè non è mai impossibile creare movimenti nuovi, aprire nuove porte o chiuderne altre.
E capisco così che il rovescio della medaglia non è per forza sempre da scartare.

Ky



















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