sabato 17 marzo 2018

"Non abbiamo mai perso nessuno, signora" (quando una frase detta con gentilezza diventa spiraglio di luce nei momenti difficili dell'esistenza)




Marco Polo Venezia, aeroporto.
Ieri. Dopo una settimana dal mio rientro da Bangkok, eccomi di nuovo qui.  Con Nadia, mia inseparabile compagna di viaggio, ed un'altra persona.
Nessuna partenza prevista, almeno non per me, noi. Ma la tentazione di fare un biglietto al volo e partire mi ha sfiorata per un istante.
Accompagno quest'altra persona.

Gli aeroporti mi piacciono.
Un pò perchè sanno di internazionalità e multiculturalità. Tutto il mondo o quasi in pochi metri quadrati.
Un pò perchè invitano all'attesa. (A meno che non si sia dei ritardatari cronici).
L'attesa negli aeroporti a volte pare eterna, ma comunque piena di piccoli step da compiere, altrimenti "ciao volo".
Check in, consegna bagaglio stiva, security control, ricerca del gate. Dove cavolo ho messo il passaporto? E così via...
Insomma c'è un pò da darsi da fare, almeno un minimo indispensabile.

Di aeroporti ce ne sono di tutte le dimensioni. Quelli a misura d'uomo in cui, se tra un volo e l'attesa di quello successivo, ci sono troppe ore di scarto ti trovi a fare le "vasche", come essere in una di quelle piazze di un tempo dove i giovani e le giovani in età da marito si trovavano a fare le "vasche" per corteggiare e lasciarsi corteggiare.
In realtà oggi è un pochino diverso. Negli aeroporti si fanno le "vasche" per corteggiare il proprio smarphone.
E poi ci sono quelli immensi, queste megalopoli al coperto, dove non basta una settimana per visitarli tutti. Dove all'interno ci sono shops, pub, supermarket, lodge, massaggi, info point, smoking room, prayer room, pronto intervento e chi più ne ha più ne metta. Giganteschi complessi che, la prima volta che ci metti piede, ti viene da esclamare "oh cavolo, e adesso dove vado?".

Mi sono arrivate alla memoria tutte queste immagini, mentre ero in attesa che la persona finisse il check in. In attesa vicino all'info point della compagnia Emirates.
Qui una signora stava chiedendo info. Il suo primo volo. Scalo a Dubai (gigantesco per chi non ha mai volato prima d'ora). Attesa di molte ore e poi volo verso una destinazione che non ricordo. L'età quella degli -anta. Il suo evidente smarrimento negli occhi tipico "della mia prima volta".
Ed ho apprezzato la voce gentile e lo sguardo dolce della hostess che anche senza parole riusciva a trasmettere senso di protezione e sicurezza a questa donna un pò smarrita.
Credo abbia avuto la prontezza e la capacità di pronunciare quella frase che forse tutti vorremo sentirci dire una volta nella vita "non abbiamo mai perso nessuno, signora".
Una frase così semplice e lineare. Una frase che ha rassicurato anche me che non dovevo partire. Frase che mi ha ricordato l'importanza e la necessità che ogni essere umano ha bisogno di sentire in alcuni momenti difficili o confusi della propria esistenza. Frase che ha saputo farsi quasi compagna di viaggio, invisibile ma presente. Frase che ha il sapore del "prendersi cura", del "non temere, non sei sola", del "tutto andrà bene perchè non abbiamo mai perso nessuno, signora".

Quante volte lungo questi miei 40 anni di vita, ho sentito forte la necessità di un "non abbiamo mai perso nessuno". È vero anche che dentro noi dovremmo avere le risorse necessarie e sufficienti per cavarcela in ogni situazione più o meno complessa. Ma è altrettanto vero che ci sono momenti, istanti e situazioni che avere davanti gli occhi uno sguardo dolce, una voce gentile e rassicurante, quasi come fossero mani delicate che si poggiano sulla nostra spalla...bhè, questo vale più di mille parole gettate al vento tanto per, più di mille messaggi o whatsapp.
Vale tutto l'oro del mondo trovare chi, almeno una volta nella vita, abbia la capacità d'intuire le nostre fatiche, i nostri smarrimenti e di dirci con calma e dolcezza "non abbiamo mai perso nessuno, signora".

E che buon viaggio sia!


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