I giorni e gli istanti passano
e tra i mille e più pensieri che mi abitano la mente mi ritornano spesso davanti gli occhi
scene e frasi di un film a dir poco geniale:
Cloud Atlas.
In sintesi nel film si intrecciano 6 storie diverse
vissute dagli stessi personaggi che in ogni storia
si trovano ad essere persone nuove e diverse,
ma in qualche modo collegate a quello che
erano nella vita precedente.
Riflettendo è proprio vero come tutto è connesso,
e non parlo di social, globalizzazione,
video in tempo reale, videochiamate e
compagnia bella.
Mi riferisco ad una connessione molto più profonda
una connessione che si realizza solo attraverso l’incontro
con l’altro
ed espressa molto bene da questa frase
di Isaac Sachs, uno dei protagonisti del film:
“La fede, come la
paura o l’amore, è una forza che va compresa come noi comprendiamo la teoria
della relatività, il principio di indeterminazione, fenomeni che stabiliscono
il corso della nostra vita. Ieri la mia vita andava in una direzione, oggi va
verso un’altra, ieri credevo che non avrei mai fatto quello che ho fatto oggi,
queste forze che spesso ricreano tempo e spazio, che possono modellare e
alterare chi immaginiamo di essere, cominciano molto prima che nasciamo e
continuano dopo che spiriamo. Le nostre vite e le nostre scelte, come
traiettorie dei quanti, sono comprese momento per momento, a ogni punto di
intersezione, ogni incontro suggerisce una nuova potenziale direzione”.
Proprio così,
ogni connessione suggerisce una
nuova potenziale direzione.
Ed è quello che ci capita costantemente
nelle nostre quotidianità,
sul luogo di lavoro, in famiglia, tra i banchi di scuola,
in viaggio per il mondo.
Eppure troppo spesso
anche se comprendiamo queste nuove potenziali direzioni
ci ritroviamo come Luisa Rey a chiederci:
“Perché noi
continuiamo a ripetere gli stessi errori ogni volta?”
Questo accade perché per crescere,
per evolvere e vivere al meglio le nostre vite
dobbiamo
"fare tutto
quello che non puoi non fare…".
E per fare tutto quello che non puoi non fare,
spesso si sbaglia, non si viene compresi,
ci si abbatte e si rinuncia,
si cade e sembra proprio che
“le forze invisibili
che fanno girare il mondo, sono le stesse che ci straziano il cuore”
E nella vita reale spesso accade proprio così,
ma ciascuno di noi è chiamato a fare
quel qualcosa che non può non fare e
che nessun altro può fare al posto suo.
È il solo modo che abbiamo per essere percepiti
perchè
"Essere vuol dire
essere percepiti. Pertanto conoscere se stessi è possibile solo attraverso gli
occhi degli altri…".
Ed ancora essere ed essere percepiti
significa che
"La nostra vita non
ci appartiene. Da grembo a tomba siamo legati ad altri. Passati e presenti. E
da ogni crimine, da ogni gentilezza, generiamo il nostro futuro!"
E concludo queste riflessioni con le parole che Robert Frobisher
rivolge al suo compagno:
“Sixsmith, salgo i
gradini dello Scott monument ogni mattina, e tutto diventa chiaro. Vorrei
poterti fare vedere tutta questa luminosità, non preoccuparti, va tutto bene,
va tutto così perfettamente maledettamente bene. Capisco ora che i confini tra
rumore e suono sono convenzioni. Tutti i confini sono convenzioni, in attesa di
essere superate; si può superare qualunque convenzione, solo se prima si può
concepire di poterlo fare. In momenti come questi, sento chiaramente battere il
tuo cuore come sento il mio, e so che la separazione è un’illusione. La mia
vita si estende ben oltre i limiti di me stesso”.
Il nostro compito per continuare ad essere connessi
con il tutto in cui viviamo e con il tutto che
sperimentiamo sta proprio in quella capacità singolare
di andare oltre le convenzioni, oltre i limite di se stessi.
Solo così saremo davvero persone in grado di Essere e di
Essere connesse con il tutto inseguendo e realizzando
potenziali nuove direzioni.
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