Due opzioni, due
pesi sui piatti della bilancia, due possibilità, due strade...quale scegliere?
Dar retta alla ragione o alla pancia?
Su che base si sceglie di fronte alla
notizia che il rischio di morire è più elevato di quello di vivere?
Mi sto facendo un sacco
di domande, tipico del mio pensare introspettivo, e mi rendo conto della grande
fatica di dare delle risposte.
Dalla mia parte c'è il fatto che queste domande
non riguardano direttamente né me stessa né qualche mio familiare, ma la
situazione in cui si trova un carissimo amico.
Certo questo mi
toglie un peso dalle spalle, ma se mi trovassi in una situazione simile come
reagirei? Cosa risponderei?
In base a che misura farei pendere la bilancia
verso la vita o verso la morte?
Il succo della
questione alla fine è : il morire.
Non si è mai
pronti, mai abbastanza nemmeno quando ci si “prepara”.
La nostra società
occidentale non ci è mai stata d'aiuto in questo e tanto meno la chiesa che
parla di paradiso e dannazione infernale.
Il problema è
proprio l'imprintig che abbiamo fatto nostro fin dall'infanzia,
inconsapevolmente fino ad un certo punto.
Perchè apprezziamo
la vita, tanto da volerci stare aggrappati il più possibile?
Perchè invece allontaniamo la morte, e il solo pensiero ci fa
rabbrividire?
In Oriente, la
morte è vista come una continuazione del tempo e dello spazio di vita che ci è
stato concesso, poi il morire è un passaggio, quasi come oltrepassare una
soglia e cominciare una nuova esperienza, un nuovo percorso, magari con
sembianze diverse, magari senza un corpo, magari in nuovi altrove.
E' un passaggio
naturale.
Ma non serve
arrivare fino al lontano Oriente per capire questi concetti, basterebbe
avere più tempo e più consapevolezza nel
voler imparare dalla natura, forse non ci sarebbe questo terrore del morire.
Il pensiero della
morte mi pone sempre di fronte ad una domanda essenziale: cos'è davvero
importante per me?
Quando veniamo
messi di fronte a Lei, si inizia a pensare davvero alle persone ed alle cose
che sono fondamentali e veramente importanti per noi e si cambia la domanda che
spesso ci facciamo quando non abbiamo problemi così elevati e ardui da
affrontare.
Si passa dal chiedersi “Che cosa ho ottenuto?” al dirsi “Che cosa
ho dato?”. E in questi istanti di lucida consapevolezza si fa il miglior
bilancio della propria vita, quello più vero ed essenziale.
Perchè aspettiamo
che qualcuno o qualche situazione inattesa ci metta di fronte alla scelta o alla possibilità di vita o morte?
Perchè troppo
spesso non viviamo le nostre giornate ciascuna come se fosse la sola che
abbiamo a disposizione?
Perchè aspettiamo
di goderci davvero la vita solo quando ormai il tempo sta per scadere?
Perchè...?
Le domande sono
infinite, le risposte sono infinite, ciascuno con le proprie esperienze ed il
proprio vissuto, ciascuno con i sui tempi e spazi.
Sono domande
necessarie se vogliamo vivere bene l'adesso, il qui ed ora.
Certo, gira e
rigira, sono sempre al punto di partenza.
Non ho risposte
valide, non ho formule magiche, non ho la sfera di cristallo per sapere cosa
succederà, per sapere se il piatto della bilancia sarà più pesante verso il vivere
o se si farà tirare giù dal morire, questo proprio non lo so.
Ma posso da oggi
iniziare a familiarizzare con Lei, la morte, e provare a vivere davvero ogni
istante come se fosse l'ultimo.
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