mercoledì 31 gennaio 2018

Quella pacca sulla spalla in grado di fare tutta la differenza del mondo




Tra le varie forme di comunicazione non verbale, baci, abbracci, strette di mano, sguardi, mimica facciale, posture del corpo, ce nè una che da sempre mi caratterizza.
Una pacca sulla spalla, per me un segno di vicinanza e presenza, non troppo vicina per non invadere spazi altri, non troppo lontana per non rendere la distanza un problema.
Una pacca sulla spalla, o la mano che si posa sulla spalla di un'altra persona.
È un gesto semplice, a volte forse lo si dà per scontato.
Questo gesto, per me naturale, è stato il mio segno di riconoscimento in molte occasioni. Gesto che mi ha avvicinato agli altri, nelle relazioni, nel lavoro, nella quotidianità, nei miei amori; gesto che mi ha concesso la gioia di portare sostegno e di riceverlo in egual misura, da mani diverse, con spalle altre. Un gesto che ha reso la mia modalità comunicativa e di presenza ricca di significato.

E ricordo te, quel primo giorno di scuola di moltissimi anni fa.
Nel frattempo ciascuna ha scelto e seguito i propri percorsi di vita, le proprie presunte aspirazioni, i propri sogni nel cassetto, e ci siamo così allontanate, sentite giusto in brevi frangenti, magari legati alle cene di ritrovo della classe.
E ricordo la sensazione provata nell'incrociare il tuo sguardo quel primo giorno di tanti anni fa, i miei pensieri, le emozioni contrastanti. 

Piano piano ti ho vista come lo specchio di me, simili per affinità, simili nel carattere e questo mi spaventava. Non è facile vedere la propria immagine, e tutto ciò che ci sta dentro, riflessa in un'altro volto, soprattutto nell'adolescenza.
Oggi so che lo stesso sentire ti apparteneva.

Non so se siamo mai state amiche "del cuore", forse per brevi istanti, ma più che altro eravamo inseparabili in quell'ora di educazione fisica dove si partiva insieme per la corsa di resistenza ed insieme si arrivava, nè prima tu nè prima io, insieme e la prof doveva segnare un ex equo sul registro delle valutazioni.

Timida ed impacciata io, sicura e schietta tu.
Mostravamo così il nostro essere al mondo fuori di noi, ma dentro eravamo e siamo simili.
Ti cercavo e ti evitavo. Mi pareva di non saper gestire lo specchio di me, però mi incuriosiva vedermi nei riflessi di un'altra persona, ma spesso sceglievo di evitare, mi pareva la via più facile.

I ricordi di quel tempo sono tanti, molti sfocati, altri ancora vivi.
Il tuo prendere le mie difese in quell'interrogazione inattesa e poi quella prof non ci andava molto a genio; il giorno del mio intervento e tu che arrivi per consegnarmi le tue stampelle; tutte quelle mattinate che tu e qualche altra compagna facevate a gara per fare il percorso con me (io con le stampelle) dalla scuola superiore alla scuola elementare per svolgere le ore di tirocinio e formazione e così facendo perdevamo quasi metà della lezione successiva di latino (una buona scusa).
Era il tuo modo di volermi bene.
E le domeniche pomeriggio passate a giocare in quel campo di pallavolo a metà strada tra casa tua e la casa della mia nonna materna.
Le mie pacche sulle tue spalle, a volte timidi gesti, altre volte un pò troppo irruente...
Era il mio modo di volerti bene, certo goffo, certo poco maturo al tempo ma in quel gesto per me c'erano racchiuse tutte le emozioni del nostro legame, un legame diverso da un'amore, un legame diverso da un'amicizia.
Eravamo tu il mio specchio, io il tuo specchio.

Ho ancora tutte le lettere ed i bigliettini che ci scambiavamo durante le lezioni più noiose, un passa mano da un banco all'altro fino ad attraversare quasi tutta la classe con la speranza che il/la prof di turno non si accorgesse di quei lievi frusci. Ogni tanto mi capita di riprenderli tra le mani e di sorridere nel leggerli. Mi lasciano addosso una sensazione di bellezza, ingenuità, scoperta, domande importanti. Quelle emozioni che si vivono intensamente in quell'età chiamata adolescenza, dove si dovrebbe crescere ma allo stesso tempo si vorrebbe restare anche un pò bambine.

Ci siamo perse di vista finita la maturità. Percorsi ed interessi diversi.
Non c'ero il giorno delle tue nozze (non ho mai amato molto andare ai matrimoni), non ci sono stata alla nascita dei tuoi figli, non c'ero nelle tue gioie e nelle tue difficoltà.
Non c'eri nei miei cambi di rotta, nelle mie scoperte di vita, nelle mie situazioni complicate, nei miei attimi di bellezza, nei miei giri per il mondo.
Nessuna giustificazione per queste "mancanze", semplicemente altre strade battute.
Internet da un certo punto in poi ci ha concesso di restare connesse, almeno virtualmente e di seguire alcuni istanti di vita l'una dell'altra.
Nessun rancore, nessun risentimento.
Credo il sentire sia reciproco.

Oggi sono ad oltre 8000 km di lontananza, in un altro continente, tu in quello che ben conosciamo.
Sappiamo che nonostante i non messaggi, nonostante il non vederci, nonostante il non condividere, quello specchio che tu eri per me, quello specchio che io ero per te, oggi c'è ancora. Un riflesso che non può cessare di essere, un riflesso inevitabile.
La differenza sta in quell'accorgersi da piccoli segnali che qualcosa non quadra. Un mio messaggio, la tua risposta. Grazie per esserti fidata e confidata.
So che le risposte date sono solo un insieme di parole, le solite, ridondanti, scontate, scomode, so che le conosci già da te tutte le cose che ti scrivo.
Ma leggi tra le righe, so che lo sai fare, e ci trovi quella pacca sulla spalla che vale più di mille messaggi e parole, vale più di un abbraccio, vale più di un bacio, vale più di uno sguardo, vale di più...

Una pacca sulla spalla, per me un segno di vicinanza e presenza, non troppo vicina per non invadere spazi altri, non troppo lontana per non rendere la distanza un problema.
E grazie di concedermi quello spazio per poggiare la mia mano sulla tua spalla.
Quella pacca sulla spalla in grando di fare tutta la differenza del mondo.

Ky



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