Curioso.
Decisamente curioso come un pensiero possa improvvisamente
materializzarsi. È successo circa 3 mesi fa, dopo il mio rientro
dall'ennesimo viaggio tailandese. Lì ogni anno vivevo con qualche
gatto che decideva di passare tempo con me e Nadia. Ogni volta poi la
ripartenza era segnata da qualche senso di colpa legato al dover
separarsi da amici birmani e tailandese ed anche dai tanti amici
pelosi. Poche settimane dopo il ritorno a casa ricordo di aver detto
a Nadia che stavo meditando di prendere un gatto, ma non un gatto
qualunque, un gatto che mi sarebbe piaciuto portare in giro con me o
che perlomeno mi seguisse in brevi tragitti. Ma era solo un pensiero.
Con la vita di corsa che faccio, da quando sono tornata, forse avere
un amico a quattro zampe per casa non è proprio il top.
Eppure
non so da dove, non so come e nemmeno perchè, è arrivato lui. Lo
vedevo gironzolare nei dintorni del quartiere dove abito. Magro,
timoroso, inavvicinabile, affamato. Così un giorno, come i tanti
soliti altri, ho deciso di dargli una scatoletta di tonno.
Amore
a primo boccone. Non verso di me certo, verso il tonno di sicuro.
Da
qui ha iniziato a seguirmi fin davanti l'ingresso di casa. Con le sue
tempistiche feline molto zen, s'intende. Una volta aperta la porta
con molta disinvoltura si è diretto verso le scale, poi sala/cucina,
camera da letto, terrazzo ed infine è approdato con un bel balzo sul
divano.
Okey.
Il gatto si è scelto casa ed umano.
Il
problema del "lo tengo o non lo tengo" non mi ha sfiorato
nemmeno per un attimo. Per lui era evidentemente scontato, senza
possibilità di replica alcuna.
Il
dilemma poi del nome. Ma è maschio o è femmina?
Impossibile
capirlo vista la quantità di pelo e la confidenza ancora da
instaurare.
Butto
lo sguardo sul tavolo dove c'è più disordine che altro, e mi
soffermo sul titolo del libro del famoso tennista Andre Agassi. Open,
il gatto lo chiamo Open.
Poco
importa se è maschio o femmina, sta bene in entrabi i casi.
Ed
Open sia.
Alla
luce di questo incontro non sono divenuta una fervente credente della
legge di attrazione che tanto scalpore e tanti bum ha fatto in questi
anni. Credo più che altro alla necessità d'incontrarsi e di
lasciarsi avvicinare. A come ci siano situazioni inevitabili ed
inamovibili da cui è d'obbligo passare. Perchè dietro c'è sempre
un insegnamento da cogliere. Perchè sotto c'è un motivo che spesso
non è così luminoso, direi più che altro ombroso, ma che volendo
si può far emergere. Perchè probabilmente di quell'incontro abbiamo
bisogno. Perchè nella vita ogni cosa, ogni situazione, ogni
trovarsi, vanno colti ed accolti. Perchè la vita, per quanto la
mettiamo sotto sopra ogni 2x3, ha bisogno di significato. Un pò come
i famosi treni che passano e che si dice una volta persi non tornano
più. Ci credo poco. Credo di più ai treni che passano di continuo,
ciascuno con un qualcosa di nuovo e diverso da scoprire. E se si
perde pazienza. Non era semplicemente il momento. Ripasserà, prima o
poi.
Ecco,
con Open sta succedendo proprio questo. Ogni giorno lui scopre
qualcosa di me, io scopro qualcosa di lui. Lui insegna qualcosa a me,
ed io bhè... lo nutro, lo coccolo e...sì insomma lui comanda più
che altro. Ma la compagnia, l'affetto che regala, i pensieri che mi
ispira mentre combina qualcosa dentro e fuori casa e le risate che mi
strappa sono impagabili.
Da
quando c'è Open nella mia vita mi torna spesso in mente il film Un
sogno per domani tratto dal libro La formula del cuore di
Chaterine Hyde, che si basa su una storia vera.
Nel
film Kavin Spacey ricopre il ruolo di un professore di scienze
sociali un pò alternativo e che dà compiti in classe altrettanto
alternativi.
Tra
i vari compiti chiede agli alunni di trovare il loro modo per rendere
il mondo migliore attraverso la domanda "cosa vuole il mondo
da noi?".
Un
ragazzino, Trevor, più alternativo degli altri e dello stesso
professore, comprende che solo compiendo azioni buone il mondo può
essere un posto migliore e s'inventa il "passa il favore".
In sostanza Trevor spiega che
"occorre
fare una buona azione per tre persone, una cosa che sia importante
per loro, che le sia utile sul serio, a patto che però le tre che
ricevono il favore promettano di fare altrettanto per altre tre
persone...".
Ora,
non serve che per forza si compia una catena così. Forse sarebbe un
pò troppo utopistico, soprattutto oggi. Ma nella nostra
quotidianità, tra le mura domestiche, nei luoghi di lavoro, a
scuola, nello sport, in viaggio è sempre possibile mettere in atto
il "passa il favore".
E
la vita, le relazioni, gli incontri dovrebbero essere un pò così. O
simili.
Chiedersi
"che cosa vuole il mondo da noi?" può essere un buon
punto di partenza, un ottimo trampolino di lancio.
Una
sorta di continuo passa il favore in cui nessuno ci rimette, ma tutti
ci guadagnano un qualcosa, quel qualcosa che spesso fa la differenza.
E così ci si sceglie per stare insieme ed abbozzare nuovi percorsi
di vita, per condividere progetti lavorativi, per confrontarsi su
idee e passioni, per farsi quattro sane risate e per qualunque altro
motivo si voglia.
Perchè
è insieme e attraverso le azioni buone che si cresce. Insieme che si
diventa migliori. Insieme che cambiano le prospettive di vita, i
pensieri, le parole, i silenzi, le azioni. Insieme che il
significato del vivere assume spessore.
Alla
fine, insieme è sempre meglio che da soli. In tutti i casi, o quasi.
E
come mi fa intendere Open: keep calm and goditi il viaggio (e se
passi il favore mi fai un favore)!
Ky